La certificazione delle gelaterie italiane nel mondo è un progetto a cura di ISNART Istituto Nazionale Ricerche Turistiche, promosso dal Ministero degli Affari Esteri con la partecipazione del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, Assocamerestero e Sigep/Rimini Fiera.
Lo scopo è dare una riconoscibilità alle Gelaterie Italiane all’estero, affinché siano individuate dai clienti per la loro offerta specializzata e certificata.
Lo scopo apparente, quindi, dovrebbe essere quello di consentire a un consumatore estero di apprezzare un prodotto “unico” made in Italy in qualunque Paese del Mondo.
Il disciplinare che ho visionato (novembre 2014, non so se è l’ultima edizione) indica alcuni requisiti (10) che le gelaterie italiane (all’estero) devono soddisfare. La prima grossa perplessità riguarda l’attribuzione delle “stelle”, cioè il punteggio espresso in 200esimi, vale a dire che se la gelateria raggiunge il 75% del punteggio secondo i parametri espressi dai promotori, si può fregiare del titolo “Gelateria Italiana nel mondo”. Quindi, se un gelatiere italiano in USA (o qualsiasi altro Paese) possiede tutti i requisiti richiesti ma non aderisce al progetto, non può definirsi Gelatiere italiano? Il consumatore non è tutelato sulla bontà o sulle origini del prodotto che mangia? Anche perché chi è delegato a verificare e ad attribuire le stelle è definito “organismo terzo e indipendente”: da chi? Dai promotori? Dalle aziende italiane fornitrici? Oltre a ciò i parametri che il verificatore deve individuare sono: fotografie dei locali, materiale informativo, promozionale e packaging, esempio di conto, fatture o bolle di accompagnamento per acquisto prodotti e semilavorati per gelato di origine italiana. Messo così sembra che la cosa più importante, per il progetto, sia comprovare l’importazione di prodotti italiani.
Altri requisiti quali Accesso e Posizione, Accoglienza, Comunicazione sono quasi totalmente superflui tanto dovrebbero essere interiorizzati in qualunque artigiano o operatore commerciale che abbia attinenza con la somministrazione di alimenti e bevande. Non è chiaro se deve essere obbligatorio il dehors o se anche le gelaterie da asporto possono, se con i giusti requisiti, fregiarsi del titolo.
Nei paragrafi Gelateria e Prodotto, sono necessari alcuni approfondimenti. Non so se chi ha redatto i requisiti abbia conoscenza approfondita del segmento gelaterie e dei mercati esteri di riferimento, infatti, sembra che gli elementi fondamentali siano la cassa (????) e le forniture prodotte in Italia. È bene precisare che molte aziende del settore (sia attrezzature sia prodotti) cercano, per strategie di mercato, di realizzare filiali e/o stabilimenti di produzione, magazzini in Paesi esteri per facilitare la penetrazione nel mercato stesso.
Alcuni prodotti e/o macchine assemblati sul posto possono essere forniti da queste filiali, o devono essere assolutamente importati dall’Italia? Se per cominciare l’attività acquisto macchine d’occasione o rilevo una gelateria esistente con attrezzature non necessariamente italiane, sono automaticamente escluso? Per non parlare, poi, della produzione di gelato a vista; quante realtà soprattutto in funzione della location, possono avere il laboratorio annesso e/o a vista. Se il laboratorio è distante dal punto vendita per motivi di costi, si è automaticamente esclusi? Se le attrezzature e/o prodotti sono “parzialmente” importati dall’Italia, si è automaticamente esclusi o il punteggio che porta al 75% del totale requisiti consente ugualmente l’accesso al titolo anche in presenza di alcune carenze? Esistono dei requisiti più “qualificanti” di altri o con più “peso”? Chi, eventualmente, giudica quali sono i requisiti indispensabili per accedere al titolo e quali possono essere quelli “trascurabili”? Quando si parla di “parte stabilizzate”, s’intendono solo basi (50-100-150-200-250- full) o sono compresi anche i neutri a 5gr.?
Quelle gelaterie che importano basi e prodotti congelati dall’Italia ed eseguono la mantecazione nel punto vendita, possono pretendere le “stelle”?
E’ opportuno che si sappia che l’industria del gelato ha fatto “propri” la maggior parte dei gusti “italiani”; ovunque, all’estero, si vedono le vetrine di gelato/ice cream con le etichette, in italiano, Tiramisù, stracciatella, pistacchio, etc.
I rimanenti paragrafi (con esclusione del n°10, Musica italiana che non merita commenti) Servizio, Trasparenza, Accessori, Approccio Ecocompatibile, richiedono una conoscenza approfondita delle norme e leggi locali in materia d’igiene, logistica, permessi, etc. è inutile suggerire norme di comportamento che potrebbero risultare non compatibili con le leggi del Paese ospite, occorre fare riferimento a una corretta prassi italiana (con leggi pressoché certe) e adattarla Paese per Paese, conoscendone le regole e leggi.
Dall’analisi del progetto cosi come ne ho preso visione, emerge che il consumatore è tutelato sulla garanzia di un buon prodotto solo se tutto è importato dall’Italia, nulla sulla creatività, professionalità ed esperienza dell’artigiano, l’importante, così sembra, è apparire come una gelateria italiana: garantisce il Marchio.
Al di fuori dell’Italia, Germania, e pochi altri Paesi, il gelato artigianale rappresenta un mercato di nicchia, l’industria dell’ice cream è preponderante ovunque, siamo sicuri che questo progetto possa incrementare la penetrazione di mercato delle aziende italiane, dei gelatieri, potenziali gelatieri e, soprattutto, dei consumatori?
Se dovessimo fare delle similitudini con altri segmenti e/o prodotti di mercato, potremmo affermare, ad esempio che McDonald’s è meno “americano”, in Italia, perché compra alcune carni nel nostro Paese, o perché in alcuni locali usa macchine soft-ice Carpigiani invece che Taylor? McDonald’s è, comunque, l’emblema del fast food made in USA ed è presente nel mondo con quasi trentamila ristoranti, l’immagine è quella.
Il caffè espresso è un altro caso che potremmo prendere in considerazione: in Italia non si produce un chicco di caffè, ma abbiamo ottimi torrefattori e le migliori macchine per l’espresso. Oggi il caffè italiano è un must, ma l’idea vincente è stata soprattutto “culturale”, uno stile di vita, un gusto inimitabile e, azzardo, una buona base grazie ai circa quindicimila locali Starbuck nel mondo.
Si può ipotizzare lo stesso processo evolutivo per il gelato artigianale?
La possibilità di reperire fondi per iniziative sul mondo del gelato artigianale e i suoi attori è lodevole e va aiutata, occorre, a mio avviso, individuare corrette strategie, sempre in funzione del consumatore finale che è, e rimane, l’ultimo “giudice” del nostro comportamento.
Vorrei solo aggiungere che fra poco ci sarà un’occasione straordinaria che potrebbe rappresentare un salto di qualità nell’immagine dell’artigianalità del nostro gelato: EXPO. Una manifestazione dove il mondo verrà a trovarci per scoprire il nostro modo di “Nutrire il Pianeta”. Da soli non c’è gara, troppo costoso partecipare; se le miriadi di associazioni ed Enti che navigano nel mare impetuoso del gelato artigianale si accordassero per una partecipazione comune, sarebbe un’idea così stupida?