FAMIGLIA E GELATO ARTIGIANALE: LE RAGIONI DEL SUCCESSO PER LUCIANO MARCUZZO

 

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Si può affermare che Luciano Marcuzzo, veneto DOCG, è, da sempre, nel mondo dei pubblici esercizi. La sua storia parte da lontano, dai banchi di scuola. A poco più di tredici anni, di giorno frequentava l’Istituto Periti Aziendali (ottimo profitto per le lingue estere), di sera si districava fra i tavoli di un ristorantino di Conegliano Veneto.

Il suo incontro con il mondo del gelato avviene per caso, in modo sicuramente originale.

“A scuola ero bravo in inglese e francese” esordisce Luciano Marcuzzo”, ma il tedesco è una lingua che mi ha sempre affascinato e, quando ho avuto l’occasione, ho cercato tutti i modi per impararlo”.

L’occasione è arrivata con la partenza per la Germania, appena terminato il servizio di leva. “Danilo Borsoi aveva bisogno un gelatiere, io non avevo la minima conoscenza né di gelato né della lingua tedesca, ma sono partito ugualmente, con l’incoscienza dei vent’anni”.

Sono stati duri gli anni in Germania?

“ A essere sincero fino in fondo, devo dire di no, avevo una buona base come cameriere e il lavoro non mi spaventava. Danilo mi ha insegnato tutto, poco alla volta, prima a “cucinare” il latte, poi a fare il gelato, a produrre in laboratorio coni, cialde, sciroppi, selezionare e tostare le nocciole, in pratica a essere autonomi il più possibile, stante la distribuzione non proprio capillare, allora esistente in Germania, da parte delle aziende italiane del settore. Penso di aver imparato bene, in tanti anni, la professione, perché gestivo il laboratorio da solo. Il mattino cominciavo alle sette, sette e trenta, fino alle dodici per completare la produzione del gelato, poi passavo dietro al banco a servire gelato fino alla chiusura. È stata una scuola importante per me; ho mantenuto l’essenza di questa filosofia nel tempo e la mantengo tuttora”.

Poi il rientro in Italia.

“E’ stata mia moglie che ha voluto tenere unita la famiglia, infatti, una volta, la gran parte dei gelatieri italiani che lavorava in Germania faceva la stagione e lasciava la famiglia a casa, rientrava per il breve periodo invernale e poi ancora via, in Germania a ricominciare la stagione: nel momento in cui mi sono formato una famiglia, siamo tornati a casa ”.

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Dopo una breve parentesi in un’attività commerciale diversa dalla gelateria, la prima disponibile per rientrare in Italia, ecco l’approdo al Disco Rosso di via Gluck a Milano.

“È stata la mia prima gelateria, e ho trascorso vent’anni a sviluppare, ricercare e promuovere il gelato artigianale. Ho creato molti gusti, tra nuovi e classici oltre cento, ho inventato e realizzato coppe e “Gelato al piatto” (tra cui anche il piatto ai “Porcini” vincitore al MIG di Longarone qualche anno fa), anche qui un centinaio.

Ho cercato, insomma, di entrare fino in fondo in questa professione che mi ha dato tanto”.

Perché ha lasciato Milano?

“Perché a poco a poco la clientela è cambiata, sono nati in zona, locali che hanno attratto e attraggono persone e gruppi non desiderosi di gustare un buon gelato artigianale, ma con altre esigenze soprattutto notturne. Le grandi città sono composte di quartieri che sono a loro volta delle piccole città, ed io non ho trovato una posizione soddisfacente, e sono “migrato” in provincia, ho rilevato un bar gelateria a Busto Garolfo, tredicimila anime, e l’ho impostato alla mia maniera.

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Quali differenze con il Disco Rosso o, meglio, con la grande città? “Qui vendo meno coppe ma più gelato d’impulso e d’asporto. Il 60% del mio fatturato totale è rappresentato dal gelato. Ho mantenuto lo stesso numero di gusti (a rotazione) ma, come dicevo, la parte caffetteria ha un po’ “invaso” la parte coppe. Al tavolo la maggior parte della clientela chiede caffetteria o coppe gelato semplici: due gusti classici e un po’ di panna montata.

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Mi sono messo in testa, però, di “educare” la mia clientela a un’offerta di coppe più variegata, sia nei gusti sia nella composizione. Ho studiato e mi sono esercitato anche nell’intaglio di frutta, quindi vorrei trasferire questa mia capacità aggiunta nelle proposte che voglio fare conoscere agli abitanti di Busto Garolfo, ma non solo”.

Oggi Luciano Marcuzzo gestisce, nel cuore della città, il locale, oltre 200m2, considerato anche il de hors, con la moglie Marilena e la figlia Sara (ormai abbastanza grande per “dare una mano”), più due persone a turno. L’impostazione tedesca non l’ha mai dimenticata: lavorare, lavorare, lavorare.

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La famiglia è riunita e tutti insieme lavorano per uno scopo comune, il sogno di Luciano Marcuzzo si è realizzato.

“A dire il vero “conclude Luciano” un sogno l’avrei ancora, vorrei tornare a fare il gelatiere in Germania, aprendo una gelateria mia, ovviamente con tutta la famiglia”.

Auguri di tutto cuore Luciano

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